“Volevo solo vendere la pizza”: il tragicomico mondo della burocrazia italiana
Quanti di noi hanno mai sognato di aprire un piccola impresa da gestire in proprio e organizzare in base ai propri sogni e passioni? In tanti, questo è certo. Ma molti, la maggioranza, a volte devono rinunciare a questo sogno dopo aver solo OSATO addentrarsi nella giungla della burocrazia da seguire per aprire anche l’attività più semplice. Basti solo pensare che in una recente classifica della Banca Mondiale, “Dove è più facile aprire un'impresa?”, l'Italia è all' 82° posto, addirittura dopo Kazakhistan, Serbia, Giordania e Colombia.
Un geniale giornalista dell “Espresso”, Luigi Furini (classe 1954), ha cercato di compiere un impresa epica e scoprire quali sono realmente le difficoltà di un cittadino qualunque che vuole aprire una impresa e si è perciò addentrato nella lunghissima trafila per aprire una piccola pizzeria. Questa speciale inchiesta è diventata un libro molto interessante: “Volevo solo vendere la pizza - Le disavventure di un piccolo imprenditore” (Garzanti, 2007) una tragicomica ed ironica avventura dai toni fantozziani, diventata uno dei casi editoriali dello scorso anno e arrivato all’ennesima ristampa. E' proprio Furini a raccontare con tanti aneddoti spassosi, tra il serio e il faceto, le sue incredibili peripezie durate ben due incredibili anni. Il provetto piccolo imprenditore racconta così del primo periodo, sei mesi, trascorsi nella miriade di corsi seguiti: da quello di primo soccorso a quello antincendio, passando per il corso sulla prevenzione degli infortuni. Narra delle migliaia di appuntamenti con commercialisti e avvocati. Informa le «lavoratrici gestanti» dei rischi che corrono...ma solo quelle «di età superiore ad anni 15». E poi c’è l’ASL con tutti i regolamenti sull’igiene, alcuni davvero strani come ad esempio l’obbligo di installare e numerare le trappole per topi o il decalogo che insegna quando bisogna lavarsi le mani. Per non parlare dell’acquisto di centinaia di marche da bollo, la compilazione (e pagamento) di un’infinità di bollettini postali.
Dopo avere superato tutti i corsi, sei mesi dopo (e quasi centomila euro in meno), Furini apre finalmente “Tango”, una micro-pizzeria al taglio nella sua città, Pavia. Ma naturalmente non è mica finita qua: dalla prima commovente margherita sfornata calda e fumante, subentrano continui e problematici rapporti burocratici coi lavoratori e con i sindacati. I vari dipendenti che presentano in continuazione certificati di malattia, con la vicenda della dipendente in malattia beccata a lavorare in un'altra pizzeria (che poi si metterà in proprio e addirittura citerà in giudizio Furini per ingiusto licenziamento); l’altro assunto che, dopo soli 35 giorni lavorativi, chiede 700 euro di straordinari; e ancora l’egiziano Mustafà che abbandona, senza giustificato motivo, il proprio posto di lavoro e cita,anch’esso, Furini in giudizio. Per non parlare coi rapporti difficili con la Guardia di Finanza (516 euo di verbale per aver regalato un trancio di pizza da un euro ad una bimba ). Le bagarre con gli ispettori dell'Asl che non sapevano manco come ispezionare, l’acquisto della licenza da bar per mescita con la quale poter vendere le lattine con la cannuccia, perché le bibite in lattina non si potevano vendere con la licenza di artigiano ( che vieta di vendere merci che non si producono).
Un geniale giornalista dell “Espresso”, Luigi Furini (classe 1954), ha cercato di compiere un impresa epica e scoprire quali sono realmente le difficoltà di un cittadino qualunque che vuole aprire una impresa e si è perciò addentrato nella lunghissima trafila per aprire una piccola pizzeria. Questa speciale inchiesta è diventata un libro molto interessante: “Volevo solo vendere la pizza - Le disavventure di un piccolo imprenditore” (Garzanti, 2007) una tragicomica ed ironica avventura dai toni fantozziani, diventata uno dei casi editoriali dello scorso anno e arrivato all’ennesima ristampa. E' proprio Furini a raccontare con tanti aneddoti spassosi, tra il serio e il faceto, le sue incredibili peripezie durate ben due incredibili anni. Il provetto piccolo imprenditore racconta così del primo periodo, sei mesi, trascorsi nella miriade di corsi seguiti: da quello di primo soccorso a quello antincendio, passando per il corso sulla prevenzione degli infortuni. Narra delle migliaia di appuntamenti con commercialisti e avvocati. Informa le «lavoratrici gestanti» dei rischi che corrono...ma solo quelle «di età superiore ad anni 15». E poi c’è l’ASL con tutti i regolamenti sull’igiene, alcuni davvero strani come ad esempio l’obbligo di installare e numerare le trappole per topi o il decalogo che insegna quando bisogna lavarsi le mani. Per non parlare dell’acquisto di centinaia di marche da bollo, la compilazione (e pagamento) di un’infinità di bollettini postali.
Dopo avere superato tutti i corsi, sei mesi dopo (e quasi centomila euro in meno), Furini apre finalmente “Tango”, una micro-pizzeria al taglio nella sua città, Pavia. Ma naturalmente non è mica finita qua: dalla prima commovente margherita sfornata calda e fumante, subentrano continui e problematici rapporti burocratici coi lavoratori e con i sindacati. I vari dipendenti che presentano in continuazione certificati di malattia, con la vicenda della dipendente in malattia beccata a lavorare in un'altra pizzeria (che poi si metterà in proprio e addirittura citerà in giudizio Furini per ingiusto licenziamento); l’altro assunto che, dopo soli 35 giorni lavorativi, chiede 700 euro di straordinari; e ancora l’egiziano Mustafà che abbandona, senza giustificato motivo, il proprio posto di lavoro e cita,anch’esso, Furini in giudizio. Per non parlare coi rapporti difficili con la Guardia di Finanza (516 euo di verbale per aver regalato un trancio di pizza da un euro ad una bimba ). Le bagarre con gli ispettori dell'Asl che non sapevano manco come ispezionare, l’acquisto della licenza da bar per mescita con la quale poter vendere le lattine con la cannuccia, perché le bibite in lattina non si potevano vendere con la licenza di artigiano ( che vieta di vendere merci che non si producono).
Morale della triste favola: dopo due anni di tortuosa corsa ad ostacoli, Furini chiude bottega e vende l’attività, sopraffatto dalle continue difficoltà. Questo libro è, come scrive nella prefazione Marco Travaglio, “un ritratto del nostro Welfare straccione e folgorante e impietoso, politicamente scorrettissimo proprio perché molto più autentico e realistico di qualunque trattato economico”. Un volume scritto benissimo, ironico, pessimista, esilarante e molto autorevole, poiché si tratta di una vera esperienza narrata in presa diretta, che mette benissimo in evidenza il ruolo della classe politica e delle forze sindacali che invece di aiutare le piccole imprese, tartassano i piccoli imprenditori su ogni fronte. Un atto di accusa ed una riuscita critica, insomma, verso un sistema inconcludente che colpisce sempre le parti sbagliate, che fa anche riflettere sulle incrostazioni dell'Italia.
Voto: 7
Commenti
Comunque ci rompono tanto sul cercare di far decollare l'economia, di far lavorare i giovani e poi mettersi in proprio diventa un incubo.Siamo proprio un paese di pagliacci e mi meraviglio anche di tutte queste false promsse che i nostri politici tirano fuori per farsi eleggere. Leggendo un libro del genere dovrebbero vergognarsi ad apri bocca.
Bacioni
In alcune zone del nostro meridione, a tutto questo bisogna aggiungere il pizzo.
Vive l'Italie
A presto ;-)
Pino Amoruso
@ Ross: è sempre quello che ho pensato anch'io ma ho l'impressione che ci siano pochi personaggi disponibili ormai...aspetta ora che ci penso...Piersilvio? Non è il mio tipo....;)
Sono maligna se penso che l'abbia fatto per poterci poi scrivere un bel libro?
Con questo non voglio dire che un qualsiasi pizzaiolo abbia la vita in discesa mentre il Furini la dipinge solo irta di difficoltà, (tant'è che ha chiuso), indubbiamente ci sono troppi lacci e lacciuoli. Ma, credetemi, insegnare a chi ci somministra alimenti che le mani devo essere lavate e COME si fa a lavarsi le mani è tutt'altro che superfluo, in molti casi, purtroppo, è addirittura necessario.
Pensa son per conto mio ma quest'anno per mettermi in regola con le NORMA EUROPEE devo andare a scuola.
Si dice che per trasportare la merce conoscere il codice della strada non basta più.
Devo studiare diritto civile,diritto commerciale,diritto sociale,diritto tributario,gestione commerciale e finanziaria dell' impresa,norme tecniche e gestione tecnica.
Pena la revoca della licenza,azz ma dopo aver studiato tutta sta roba mi butto in politica io ihihihihihih
Sara...bhe...loro fanno sempre orecchi da mercante!
Lone wolf...e tu lo sai bene! ;)
Pino...al peggio non c'è mai fine. sic!
Gandalf...me sa de no! :)
Ross...ahahahahahahahahaha! bella questa! mi hai fatto morir dal ridere! :))))
Elle...sono i piccoli a cadere. Sempre!
Fabio...hai proprio ragione :)
Nonnapapera...sono d'accordo con te sull'importanza delle norme date per "scontate" ma la gravità sta nel fatto che solo aprire una piccola attività prevede numerose e assurde difficoltà che minanl l'economia italiana. Se poi Furini sia in buona o cattiva fede...quello che ha passato è un dato di fatto. Purtroppo. :(
Max...in effetti i nostri politicanti sanno vendersi bene! ;)
incomincio ad essere sfibrato da queste notizie tanto che non riesco neanche più a guardare Report!
... mi lascio davvero impressionare troppo!
... mmmm ... povera italia... chissà dove andremo a finire... :(
... speriamo in bene...
ciao e alla prossima,
M@;-)
Marcello...amo Report...ma lo EVITO! mi fa inkazzare troppo ...
l' italia e' fatta cosi', costa tutto il doppio il triplo in certi casi, sia come denaro che come fatica ad ottenere una cosa a meno che non freghi il prossimo...ecco appunto