Il delitto perfetto

Cinque anni di tragedia, dolore, colpi di scena per la vicenda di Cogne, che ha chiuso, oggi, l’ennesimo capitolo giudiziario con la sentenza del tribunale di Torino che ha condannato Anna Maria Franzoni a 16 anni con le attenuanti.

Ma l' avvocato Paola Savio, difensore attuale della Franzoni, si dice convinta dell'innocenza della sua assistita e quindi annuncia il ricorso in Cassazione:

"Andremo avanti. Ci sono tre gradi di giudizio. E quindi il processo non finisce qua''.

Suona come una minaccia per coloro che sono saturi di questo teatrino mediatico.

C’è da scommettere che Mentana e Vespa stiano facendo salti di gioia tra gridolini di felicità!!

Perchè, senza precedenti, il “Delitto di Cogne” (fra poco avremo anche il marchio registrato) ha infiammato come non mai i mezzi di comunicazione di questi anni e donato popolarità e pubblicità a tutti i “protagonisti” del caso.

Un esempio è l’avvocato Taormina, precedente difensore dell’imputata, che esce in questi giorni con la sua arringa in 121 pagine trasformata nel libro La mia verità sul delitto di Cogne, nel quale, dettaglio dopo dettaglio, invita la Corte a tenere presente come tutti gli elementi dell’accusa siano in realtà sotto la soglia della responsabilità, fino a precisare che «tutte le prove convergono verso la piena innocenza della donna».

Quindi…chi sarebbe stato? Un genio del crimine si presume!

Ebbene signori…il sogno di Alfred Hitchcock si avvera: siamo in presenza del primo caso di DELITTO PERFETTO!

Un delitto perfetto che ha però inquinato il ricordo di un bambino, non pianto come avrebbe dovuto.
Semplicemente perché tutti siamo potenzialmente sospettati.

Non parliamo mai di Samuele, perché noi siamo diventati le vittime.Diventare i protagonisti di una tragedia equivale a renderla spettacolare.

Un delitto che si trasforma in svariati dibattiti televisivi, show mediatici, ricostruzioni dettagliate e diversi libri, di cui uno scritto dalla stessa Franzoni e che probabilmente prenderà forma in qualche fiction.
È la vita di una famiglia che è osservata non dall'occhio del Grande Fratello ma da quello severo del pregiudizio o della compassione che deruba a Samuele l'essenza della sua breve vita.
Samuele non è solo un angelo bianco, ma è un bambino che ha giocato, che ha pianto, che ha sorriso e che ha amato. La sua morte, troppo raccontata, non deve prescindere dalla vita.
A Samuele cosa "servirà" tutto questo?

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